TASTI E PAROLE NUOVE

Un vecchio computer sai quanto ci mette ad aprirsi, a collegarsi. E il tipo di spam che ci passa, la consistenza della tastiera sotto le dita, il breve sfrigolio con cui si spegne.

Gli sei grato per i ricordi che condivide con te. Le immagini dei momenti felici o importanti. Le confidenze che hai scambiato nelle lettere, gli sfoghi che non hai destinato a nessuno, ma che lui ha raccolto, paziente.

Lo ami per il dialogo muto fra te e il suo essere lì, a connettersi con la tua esistenza.

Il mio vecchio computer era davvero vecchio. I tasti erano davvero consunti. Eppure. Non ne potevo fare a meno di quei ronzii che conoscevo. Della scorrevolezza con cui apriva i file che mi interessavano. Lo faceva con una frazione di secondo in meno di questo nuovo. Perché lui sapeva cosa volevo. E ce l’aveva già pronto.

Per questo non mi spiego come posso stare, adesso, davanti a questa tastiera sconosciuta.

Mi ci sono messa a scrivere così, tanto per vedere che effetto facevano questi tasti nuovi sotto le mie dita. E sono duri, mancano di conoscenza, elasticità, tracce di me. Eppure mi danno voglia di scrivere.

È anche straniera, questa nuova tastiera. Le lettere sono tutte fuori posto. Devo cercare con i polpastrelli e esplorare il nuovo spazio che nella mente si crea in quell’istante in cui il dito cerca la lettera e non la trova. Un istante di vuoto e sbigottimento che si riempie di uno spazio inesplorato. Un fuori posto dei sentimenti. Un contropiede della vita.

Poi trovo la lettera, la imprimo sullo schermo.Tutte le lettere sparse in posti inconsueti. Le trovo, le imprigiono, e dicono quello che voglio, raccontano la mia storia.

Scrivono per invitarti qui, e chiederti di sedermi vicino, di guardare questo nuovo computer, regalo della tua nuova compagna, che me l’ha offerto quando eravamo ancora amiche, e io ero ancora tua. Scrivono di te, che te ne sei andato con il mio vecchio computer.

“Lo prendo solo per pochi giorni, ti assicuro, so quanto ci tieni…”. Ma se sapevi veramente a cosa tenevo allora me lo potevi lasciare, il mio vecchio computer, e potevi anche non metterti con la mia amica. Potevi risparmiarmi la fatica di imparare a scrivere su una tastiera nuova. La fatica di pensare con idee nuove. Perché sui tasti saltano le dita e le parole sulla pagina e le idee nella mente, è così che funziona. E basta cambiare uno dei passaggi che cambiano anche gli altri.

E cosa accadrà quando verrai a vedere il nuovo computer, posso solo immaginarlo nelle parole del nuovo computer. Che sentirai che qualcosa è cambiato. Che sto scrivendo una storia diversa, sulla memoria ancora pulita di questo computer. Nuova, e vuota, senza percorsi già visti a guidarmi.

Volevo vederti per rinfacciarti questo regalo stupido. La tua insensibilità, leggerezza, infedeltà. Volevo chiederti di ridarmi il vecchio computer, dove c’è tutta me stessa, dove ci sono i nostri ricordi, dove ci siamo noi.

Eppure adesso che ho iniziato a scrivere parole nuove ho scoperto che non so dove mi portano. Che non so cosa voglio. Anzi, che so che non voglio più te.